Le aziende vincenti nell’era digitale non si limitano semplicemente ad applicare nuove tecnologie: sono consapevoli che il loro successo dipende principalmente dalla qualità delle loro persone. E’ con persone di qualità che si comprendono prima e meglio le nuove esigenze e i nuovi comportamenti dei consumatori e solo grazie alle persone sarà possibile far evolvere la propria cultura aziendale, il vero unico grande fattore decisivo per il successo.
Non si tratta dell’ennesima analisi di scenario sul digitale: il comportamento dei consumatori è cambiato e in questo, i paesi anglosassoni son più avanti di noi e continuano ad accelerare. Un motivo in più per osservare comprendere ed imparare da chi è “leader nell’evoluzione della specie”.
La figura del CDO e/o Digital Manager si sta progressivamente imponendo in tutte le organizzazioni con l’obiettivo di gestire questa trasformazione. Il numero dei CDO che si attestava intorno a 1,000 nel 2014, raddoppierebbe ogni anno, secondo i dati CDO Club, che prevede un ulteriore raddoppio per superare la quota 2,000 a cavallo fra 2015 e 2016 1.
Ma chi è veramente questo signore? Cosa fa, come opera in un’organizzazione tradizionale ? Qual è il suo background? Come individuarlo, selezionarlo e soprattutto come metterlo nelle condizioni migliori per creare valore? Questi sono gli interrogativi da porsi per gestire e non subire la trasformazione che abbiamo di fronte.
Perché introdurre un CDO nell’organizzazione?
Le società che già sono leader nel loro settore hanno bisogno di un CDO? Si, ma probabilmente ci hanno già pensato. I leader si distinguono immediatamente, già dal linguaggio che usano e dai temi che focalizzano.
Il comportamento e le aspettative dei clienti sono cambiati e sono proprio queste società che intercettano per prime i trend in atto e ne fanno la loro principale spinta alla trasformazione digitale. Non si limitano alla costante osservazione dei trend tecnologici di mercato, ma si sforzano di comprendere in anticipo il cambiamento della pressione competitiva nel loro mercato.
Sono ben consapevoli che le minacce non vengono più soltanto dai competitors diretti, ma le nuove tecnologie e nuove possibilità abilitano nuovi comportamenti dei clienti e di conseguenza creano nuove opportunità che, se non gestite, si trasformano in minacce.
Basti ricordare ad esempio come già oggi oltre il 50% delle prenotazioni alberghiere avviene tramite OTA (Online Travel Agency) e all’interno di questo segmento i mobile device guadagnano velocemente quota. Ben il 18% delle prenotazioni viene fatto in movimento 2.
Nel settore del lusso l’identità digitale e la multicanalità guidano la crescita negli store fisici. Si stima che i ricavi Influenzati dal digitale (e_commerce + digitally driven) mentre oggi sono a circa il 37% arriveranno al 51% già entro il 2020. Il numero di clienti registrati e digitalmente contattabili oltre ad essere in continuo aumento, ha un profilo alto spendente sia in negozio che cross canale. I clienti degli store cosiddetti ‘Anonimi’ nel 2020 diventeranno una quota marginale (14%)3
Un altro esempio è rappresentato dai sistemi di pagamento; quelli tradizionali come le carte di credito vengono insidiati dai pagamenti via APP, quindi non da un concorrente tradizionale.
E’ molto semplice capire chi non ce la farà. Quando un’azienda focalizza la sua attenzione sulla pressione dei costi, sulle difficoltà della compliance regolatoria tradisce un atteggiamento “inward-facing” autoposizionandosi nella categoria dei late-followers. Dal 2000, 52% delle società del Fortune 500 sono fallite, sono state acquisite o hanno cessato di esistere in gran parte a causa dello stravolgimento di business tradizionali da parte di modelli digitali 4.
Ma quand’è il momento per inserire un CDO nella propria organizzazione? Purtroppo molte aziende si pongono questa domanda troppo tardi, quando altri concorrenti hanno già preso il largo, perché molti sono gli ambiti dove il mercato sta diventando vulnerabile a cambiamenti dei modelli di business o nuove regole del gioco.
La Digital Readiness
Gli approcci di Assessment Digitale più diffusi si limitano a misurare lo stock di competenze presenti o mancanti in un’organizzazione. Corretto, ma a monte di questa analisi ci sono delle domande più profonde e non tecnologiche.
Guardiamo dentro alla nostra organizzazione: siamo veramente pronti ad affrontare un percorso che obbligherà ad abbandonare le nostre certezze? Il nostro management team è pronto ad accogliere una nuova figura che cerchi di sfidare le consuetudini con proposte dirompenti, (apparentemente) astruse di cui si fatica a comprenderne il funzionamento? Come gestiremo una leadership “trascinata a forza” fuori dalla zona di confort che corre il rischio di perdere ruolo ed autorevolezza? Come reagirà l’organizzazione alla progressiva (ma inevitabile) obsolescenza delle competenze e la nascita di nuovi ruoli professionali?
Le organizzazioni che non hanno ancora iniziato un percorso di trasformazione digitale avranno grandi benefici dal riflettere attentamente su questi punti perché il ”Digital Drawinism is unkind to those who wait” 5. E non è un caso che nessuno di questi interrogativi riguardi la tecnologia ma soltanto solo la predisposizione delle persone al cambiamento. People first!
Non vi sentite pronti ad affrontare tutto questo? Preferite aspettare? Non preoccupatevi siete nella norma: scomparirete anche voi come tanti altri, travolti da un fenomeno che non avete saputo comprendere.
Come opera un CDO di successo?
Il cambiamento continuo è la nuova normalità e su questo si concentra l’attività del CDO. Due sono le direttrici su cui si muove questa trasformazione: una interna e l’altra esterna all’organizzazione. Esternamente sono attenti osservatori del (mutato) comportamento dei consumatori, analizzano dati, cercano di capire quali sono i driver o le abitudini che caratterizzano l’esperienza percepita dal consumatore, chi è il consumatore e quali sono le sue aspettative. La consapevolezza che i trend e le innovazioni tecnologiche abilitano nuovi comportamenti e opportunità sia per gli utenti sia per chi vuole raggiungerli, è l’altro aspetto caratterizzante questa figura professionale. Attenti osservatori dei trend esterni in termini di comportamenti e tecnologie, sarebbero dei semplici analisti se non attivassero la dimensione interna del loro operato: come trasferire conoscenze e competenze all’organizzazione. Comunicazione ed “educazione” della struttura ad apprendere una nuova disciplina sono solo il primo fondamentale passo. Il CDO deve velocemente comprendere i fondamentali del business in cui opera, partecipare alla definizione delle strategie aziendali e comprenderne gli obiettivi. E’ qui che inizia il coinvolgimento degli altri colleghi per iniziare quel processo di integrazione digitale fra tutti gli aspetti del business.
Fra i CDO di successo c’è chi “informa” regolarmente tutto il Senior Mangement durante i comitati di gestione andamenti, metriche e dati che mostrano come si comportano i consumatori e come questi comportamenti mutano nel tempo. C’è chi organizza una “real time war room” virtuale con queste informazioni che vengono circolarizzate “live” su tablet e smartphone del Management.
C’è chi organizza Advisory Board misti, composti da interni ed esterni per avere una prospettiva distante e diversa dalla loro organizzazione, per esplorare possibili acquisizioni e nuove tecnologie. Una grande multinazionale americana ha imposto che nei board di tutte le sue società nazionali venisse riservato un posto per un Millennial. E’ un passaggio importante, coraggioso non privo di rischi, ma va nella direzione giusta.
People first! – Selezionare ed accogliere un CDO
Quando si tratta di selezionare un Digital Manager troppo spesso ci si focalizza nel trovare qualcuno che abbia l’esperienza digitale giusta. Eppure nella nostra esperienza abbiamo rilevato come la capacità di mobilitare le menti e gestire una trasformazione sia il vero indicatore di successo. Soltanto il 14% dei CDO vanta un background tecnologico mentre Marketing e Vendite è l’ambito di provenienza più diffuso 6.
Gestire una trasformazione digitale richiede però una combinazione di Hard e Soft skills.
Per Hard skills intendiamo la capacità di articolare una vision strategica, di individuare cause e soluzioni a problemi di integrazione digitale, la capacità di scomporre attività e programmi in milestone coerenti e l’abilità manageriale di gestire questi progetti fino alla loro realizzazione.
Tutto ciò non attecchisce se non è supportato e bilanciato da un set di Soft Skills altrettanto qualificato e professionale. Alcuni fra i CDO/DM di successo ‘investono’ un un’enorme quantità del loro tempo (fino all’80%!) per costruire e mantenere relazioni. In contesti complessi ci vuole pazienza e costanza nello spiegare, informare e coinvolgere vari strati del management e dell’organizzazione e questo richiede diplomazia, intelligenza costanza e determinazione. Ecco quindi che leadership, carisma e QE diventano marker discriminanti per prevedere chi potrà condurre l’organizzazione al successo della Trasformazione.
La tecnologia è solo una parte, questo cambiamento passa attraverso la testa (e spesso la pancia) delle persone e anche l’organizzazione deve fare la sua parte; “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” recita un celebre aforisma, significa che nessun CDO riuscirà a
trasformare un’organizzazione che vuole a tutti i costi rimanere arroccata nelle sue posizioni, trovando giustificazione nei successi del passato. Qualunque sia il motivo di questo atteggiamento, paura, insipienza, incapacità di reagire allo shock della cultura digitale, esso bloccherà il processo di trasformazione.
I freni inibitori al cambiamento hanno gli stessi titoli in tutte le organizzazioni: timore di cannibalizzazione di business esistenti, resistenza della gerarchia e dei suoi potentati, paura del rischio, cultura dell’errore, sovraccarico operativo e così via.
Non potremo allora imputare a una sola persona il fallimento se l’organizzazione non si assume il rischio di cambiare “accogliendo” tesi e proposte nuove. Se il management guarda costantemente all’indietro invece di mettersi in gioco allora è davvero perduto.
E’ perduto anche perché il mondo gli cambierà sotto i piedi: l’ascesa della generazione dei Millennial porta con sé non solo una nuova tipologia di cliente, ma anche un nuovo tipo di collaboratore, con aspirazioni ed aspettative molto diverse. Se non saremo in grado di fornire loro un contesto lavorativo in linea con il loro modo di essere, i talenti migreranno verso ambienti e società ritenute ‘migliori’.
No easy day!
Abitudini e comportamenti digitali dei consumatori continuano e continueranno ad evolvere con continuità. In particolare ora che nuove tecnologie, dalla mobilità avanzata ai ‘big data’0 al social networking stanno convergendo, la trasformazione digitale non è più un opzione ma un imperativo categorico.
Il CDO non deve soltanto definire ed implementare una strategia digitale, ma deve creare le basi all’interno dell’organizzazione per la sua continua evoluzione. Il ruolo richiede un approccio bifocale: nel breve termine è necessaria velocità di adattamento e reazione ai nuovi trend, mentre nel medio termine bisogna creare le condizioni affinché l’organizzazione adotti come regola di vita una sorta di “reattività proattiva” per navigare e adattarsi ad un clima così rapido e mutevole.
No easy day. La strada del CDOs è ricca di ostacoli e difficoltà.
Come party di benvenuto si troverà ad affrontare le trincee della cultura aziendale che agiranno come un sistema immunitario, dovrà sgomitare per ottenere l’allocazione di risorse da parte del Board, dovrà confrontarsi con le inevitabili difficoltà operative di una transizione e un altrettanto ovvio, quanto deleterio, processo di continua revisione delle priorità.
Il CDO dovrà allora essere flessibile ma determinato, focalizzato ma non intransigente, dovrà bilanciare l’attività in funzione della velocità di cambiamento possibile nell’organizzazione. Gli strappi non servono, non è una tappa di montagna con un arrivo in volata, è una competizione a squadre, o si arriva in gruppo o niente.
Tutte le organizzazioni devono prepararsi ad un tempo in cui l’aspetto digitale non sarà semplicemente una parte del business, ma sarà il business stesso che assumerà forma digitale e le due cose non saranno più distinguibili l’una dall’altra. Un CDO di successo deve avere chiaro in mente, che il suo compito terminerà soltanto quando la digitalizzazione sarà perfettamente incorporata e digerita nelle attività di ogni giorno, da tutta l’organizzazione.
Chi sta affrontando con determinazione questo passaggio, giungerà prima alla condizione in cui l’organizzazione, evoluta la sua cultura, avrà sviluppato
capability, skill e processi completamente digitalizzati, gestiti da persone competenti, preparate, ma soprattutto col giusto mindset. I direttori ad es. vendite e marketing, ma anche di tutte le altre funzioni, avranno un background che permetterà loro di sviluppare direttamente e gestire in autonomia tutte le iniziative, digitali e non.
Una volta completata questa trasformazione, un “traghettatore” non sarà più necessario e quale sarà il ruolo degli odierni CDO? Posizioni di ‘line’? Marketing? Vendite? La risposta è nelle premesse: cambiamento permanente, perché il modo migliore per prevedere il domani è costruirlo 7.
Nasce però un interrogativo: che cosa ne faremo di quei manager e/o organizzazioni che “resisteranno” al processo trasformazione digitale?
2 (Roland Berger, February 2016)
3 (Exane BNP Paribas Research & ContactLab, March 2016)
4 (Tuck Rickards, September 2015) McKinsey; (The Economist – Intelligence Unit)
5 Wang, Digital Darwinism is unkind to those who wait
7 (Quintarelli, 2016)
L’autore:
Claudio Zuccolotto
Ha diversi anni di esperienza manageriale come Managing Director, direttore generale e membro del Consiglio per le grandi multinazionali. Ha lavorato come Senior Manager con i servizi strategici di Accenture, successivamente come Managing Director con Gerresheimer. Ha gestito programmi di espansione internazionale, crescita, integrazione post-acquisizione e turnaround. Ha vissuto in Stati Uniti, Germania e Svizzera con esperienza nelle industrie di Pharma, Pharma-Packaging, elettrodomestici e automotive.
Questo artico è tratto dal “Dossier Economia Digitale”, pubblicato dall’Associazione I Copernicani nel mese di ottobre 2018
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