6. Che cosa intendiamo per Partecipazione

Livello individuale e livello istituzionale

La partecipazione si sostanzia in aspetti che riguardano sia l’individuo che partecipa sia le organizzazioni che la promuovono. Perciò, è fuorviante concentrarsi solo su uno degli aspetti. Inoltre la partecipazione si associa inevitabilmente alla qualità della democrazia. Pertanto, tre livelli determinano la partecipazione: il livello individuale, il livello istituzionale/organizzativo e il livello delle procedure democratiche. Secondo Toniolo (2007), l’atto di partecipare (livello individuale) ad un processo in cui individui, gruppi e organizzazioni (livello istituzionale/organizzativo) sono consultati per contribuire attivamente ad un progetto o a un programma (livello dei processi democratici) è partecipazione. Il partecipare ad un processo decisionale (livello individuale) ed il senso di appartenenza ad un organismo, gruppo o comunità (livello istituzionale/organizzativo) sono collegati: l’adesione ad una organizzazione come pre-condizione alla partecipazione che sarà incanalata attraverso specifiche procedure democratiche.

A cosa serve la partecipazione?

La partecipazione legittima le decisioni politiche (livello delle procedure democratiche). Inoltre, è possibile individuare una partecipazione strumentale ed una partecipazione simbolica. La prima enfatizza il perseguimento di uno scopo e la soddisfazione di interessi personali o di ideali specifici (livello individuale). La selezione del personale politico durante le elezioni può essere vista in questo modo visto che specifici interessi o ideali saranno perseguiti in conseguenza di un voto ad un partito. Invece, il coinvolgimento diretto dell’individuo caratterizza soprattutto la partecipazione simbolica. Questa forma di partecipazione è più difficile da delineare in quanto acquisisce valore in sé. Partecipando i cittadini promuovono il senso civico ed incoraggiano l’essere informati e l’impegnarsi su questioni pubbliche. La partecipazione simbolica, inoltre, alimenta anche l’appartenenza e l’affiliazione. Un senso di unità emerge tra i partecipanti (livello istituzionale/organizzativo) in quanto elemento congenito della partecipazione è l’essere contro qualcosa. Ogni atto di partecipazione è sempre una combinazione di partecipazione strumentale e simbolico a cui corrispondono benefici intrinseci (senso di solidarietà e sentirsi i portabandiera di un particolare ideale) e benefici estrinseci (protezione di interessi specifici o personali e vantaggi dovuti alle attività di partecipazione).

Quando non si può parlare di partecipazione

Per gettare luce sulla partecipazione può essere utile vedere cosa non si intenda per partecipazione. Il poter partecipare a procedure democratiche così come si è affermato in occidente a partire dal XVIII secolo non è sufficiente. La possibilità di fare proposte in grado di suscitare la partecipazione contro contenuti e soluzioni imposte dai governanti è un altro elemento che contribuisce a definire la partecipazione. Lo stesso vale nel caso in cui non vi sia emarginazione e esclusione politica di alcune categorie di persone. L’apatia, l’indifferenza e l’alienazione sono altri elementi che influenzano negativamente la qualità della partecipazione così come la mancanza di autonomia e spontaneità e la presenza di attività manipolative per il perseguimento di interessi specifici.

Gli elementi che definiscono la partecipazione

La partecipazione si può esercitare in un ambiente in cui vi sia un determinato livello di reddito, di scolarizzazione ed informazioni disponibili in quantità e qualità. Così, in presenza di tradizioni di mobilitazione sociale, possono prendere forma strutture organizzative in grado di promuovere la partecipazione.

Sono poi due le direzioni che può prendere la partecipazione: quella della selezione del personale politico e quella della formulazione o implementazione delle politiche.

Il continuum generale/particolare contribuisce pure a definire la partecipazione. In altre parole, se si intende perseguire il bene comune (modificazione degli equilibri di potere o l’ampliamento della partecipazione a nuovi attori es. immigrati) oppure interessi specifici (benefici di breve termini per un ristretto numero di attori).

Il coinvolgimento di chi partecipa rappresenta un altro elemento che si sostanzia in quanti soldi, quanto tempo e quante energie sono dedicate dai singoli individui alla partecipazione. A ciò si aggiungono le situazioni del “non potere”, “non aver voglia” e “nessuno me l’ha chiesto” e la consapevolezza dei risultati che possono essere raggiunti partecipando. Qui, l’essere parte di un contesto che stimola, incita e media l’attività del partecipare è fondamentale. Ciò contribuisce al coinvolgimento più dello status socio-economico o della coscienza di classe. Inoltre, il partecipare in quanto membri di una organizzazione porta a sviluppare competenze civiche quali l’abitudine al confrontarsi ed al dibattere ed all’interiorizzare ideali civili e politici.

L’ultimo elemento riguarda il conflitto. Qualsiasi forma di partecipazione politica comporta aspetti legati all’accomodamento o all’accentuazione di un conflitto. Il conflitto come il terreno di coltura in cui la partecipazione ha luogo. Lo schierarsi inevitabilmente crea un confine ed una distanza con gli altri attori presenti nell’arena politica e sociale e ciò succede pure all’interno di uno stesso schieramento politico come la storia dei partiti politici ci ha insegnato.

Partecipazione e democrazia: due facce della stessa medaglia.

La partecipazione è considerata un fenomeno recente in quanto è legata alle trasformazioni che hanno influenzato la storia delle idee e lo sviluppo delle istituzioni politiche. Il mondo delle idee ci ha portato a considerare gli individui soggetti di diritti che partecipano attivamente alla vita sociale e politica delle moderne democrazie. Il dissenso, il conflitto ed il dibattito tra individui e gruppi, in quanto posti all’interno di un quadro di regole condivise, diventano segni di vitalità democratica e manifestazione della sovranità popolare. E’ in questa situazione che gruppi ed individui si sono emancipati da un destino dovuto a tradizioni, relazioni familiari e condizioni sociali ed economiche. Certo è che ad un maggior grado di partecipazione necessariamente debba corrispondere a un sistema politico ed istituzionale in grado di affrontare le richieste che entrano nell’arena politica pena il verificarsi di situazioni critiche ed il mettere la governabilità a rischio. Si tratta, perciò, di creare organizzazioni, procedure ed un contesto istituzionale in grado di incanalare le nuove questioni emergenti nella società. Questo risultato si raggiunge in presenza di organizzazioni e procedure stabile e legittimate in grado di risolvere le richieste avanzate. Disallineamenti nel funzionamento delle democrazie non sono causati solo da un aumento del livello di partecipazione, ma anche dall’incapacità del sistema istituzionale di far fronte a nuove situazioni a causa, per esempio, di problemi burocratici.

Rokkan (1970, 1999) si è concentrato, in particolare, sull’intreccio tra democrazia e livello di partecipazione. Si tratta di intendere questo intreccio come l’esito di due processi: un processo verticale (come il sistema politico reagisce al cambiamento nell’arena politica) ed un processo orizzontale (cambiamenti e variazioni nell’articolare la protesta, la mobilitazione sociale e l’aggregazione delle posizioni politiche).

La partecipazione è strettamente connessa al ruolo dei partiti politici. Storicamente, hanno svolto un duplice ruolo. Da un lato, rappresentano richieste provenienti dalla società in generale e, dall’altro, sono strumenti per integrare e canalizzare queste richieste. Quest’ultimo avviene anche attraverso un processo di socializzazione dei membri del partito. Questo processo impedisce che richieste al di fuori dei confini del sistema politico entrino nell’arena politica selezionando, aggregando, modificando e talvolta manipolando le richieste che emergono dalla società (Sartori, 1976).

Questo ruolo dei partiti politici può essere visto, storicamente, secondo tre modelli (Manin, 1995): il modello del parlamentarismo, il modello di democrazia dei partiti politici e il modello di democrazia del pubblico.

Il primo modello vede al centro del processo democratico e rappresentanti dei cittadini che, nei parlamenti, discutono di questioni in gioco e prendono decisioni di conseguenza. In questo caso, il ruolo dei partiti politici è minimo a causa della connessione diretta tra rappresentanti ed elettori.

La democrazia dei partiti rappresenta il periodo in cui i partiti di massa hanno giocato un ruolo centrale nell’arena politica. Gli elettori non selezionano i propri rappresentanti ma il “mondo” rappresentato da questi partiti fornendo un’identità e una visione da seguire. La partecipazione viene vissuta principalmente attraverso l’appartenenza al partito piuttosto che direttamente nell’arena politica. Quindi, i militanti di partito sono i protagonisti della partecipazione politica e sociale di questo periodo che è durato per gran parte del secolo scorso.

La crisi dei partiti di massa porta alla situazione attuale definita dalla democrazia del pubblico. Qui, i partiti continuano ad avere un ruolo importante ma emergono anche altri attori quali movimenti ed associazioni che hanno rivitalizzato la sfera pubblica una volta strettamente controllata dai partiti. Tuttavia, è il singolo individuo il protagonista di questo periodo. È lui che filtra le informazioni riguardo la vita pubblica ed a costruirsi un’opinione. In questa situazione, la partecipazione è volatile, contingente e basata su una posizione individualistica che mette in discussione la partecipazione tradizionale basata su partiti e sindacati.

Democrazia rappresentativa e democrazia deliberativa: qual è il ruolo della partecipazione?

La democrazia è il termine generico usato per definire sia le regole per accedere ai posti di governo sia i processi decisionali che portano alla formulazione di leggi e regolamenti validi per tutti. Un regime democratico, però, si caratterizza anche per la capacità di risolvere, in modo pacifico, i conflitti tra i componenti dell’arena politica e di essere responsabile e reattivo nei confronti delle istanze dei cittadini. In questo contesto, la partecipazione politica svolge un ruolo importante. La partecipazione è un segno della qualità della democrazia ed alcuni indicatori sono stati individuati a questo proposito come il tipo e il livello della stessa; la sua intensità e frequenza; la gamma di processi decisionali in cui è prevista la partecipazione; la percentuale di partecipanti sul totale degli aventi diritto.

La cittadinanza costituisce lo sfondo sul quale si svolge la partecipazione. La cittadinanza delinea una serie di diritti (civili, politici e sociali) che consentono la partecipazione. Ma questo non è sufficiente. L’esercizio di questi diritti è fondamentale. Pertanto, ciò che conta è l’entità di chi vuole partecipare piuttosto che l’entità di chi ha la possibilità partecipare. A questo proposito, la volontà di partecipare è anche legata alle caratteristiche del tessuto sociale in cui gli individui fanno parte. Un tessuto sociale con un’alta tendenza a formare associazioni favorisce il livello di partecipazione. La questione della cittadinanza acquisisce un’altra prospettiva se prendiamo in considerazione le minoranze presenti nelle comunità politiche come gli immigrati e le possibilità di quest’ultime di partecipare attivamente alla vita pubblica.

La democrazia rappresentativa e la democrazia partecipativa (o diretta) sollevano la questione della partecipazione in modo diverso. Si parla, nel primo caso, di partecipazione debole mentre, nel secondo caso, di partecipazione forte. Solo nel caso della democrazia partecipativa, la partecipazione è considerata autentica. La distinzione tra partecipazione debole e partecipazione forte è però considerata superficiale. Nelle democrazie rappresentative, la partecipazione ha un potere d’influenza rilevante. Condizioni, veti e limiti possono essere posti all’azione di governo a causa della partecipazione. Nelle democrazie partecipative, la partecipazione consiste nel coinvolgimento diretto nel processo decisionale che porta a forme di co-decisione.

Rispetto alla distinzione tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, è più utile ricorrere a esperienze storiche che vedono l’affermazione di democrazie rappresentative integrate con forme di partecipazione diretta come referendum, petizioni, elezioni primarie, forme di e-democracy, eccetera. Questo scenario è riassumibile in tre filoni: il filone partecipazionista, il filone liberal-rappresentativo e il filone della democrazia deliberativa. Il primo afferma che le democrazie sono tali solo se i cittadini partecipano direttamente alle attività sociali e politiche stabilendo l’agenda politica fino a decidere quali politiche attuare al fine di massimizzare le loro preferenze. In questo modo si proteggono interessi specifici, si legittimano i processi decisionali integrando le diverse comunità. L’educazione civica è un altro aspetto sottolineato dal filone partecipazionista come la diffusione dei principi democratici in tutte le parti della società.

Il filone liberal-rappresentativo mette in discussione il filone partecipazionista. In particolare, la concezione del cittadino considerato come “cittadino totale” in quanto coinvolto in ogni aspetto della vita sociale minacciando, paradossalmente, in questo modo, la libertà degli individui dal potere politico così affermato. Inoltre, la forma di partecipazione delineata dal filone partecipazionista presuppone che i cittadini abbiano molto tempo da dedicare alla vita pubblica e che vivano in società non significativamente differenziate. Cioè, società in cui prevalgono forti legami comunitari piuttosto che in società pluralistiche e secolarizzate. Un ulteriore elemento messo in discussione dal filone partecipazionista è legato alla dimensione della comunità in cui si ha diritto di partecipare. Solo in caso di piccole comunità, la partecipazione acquista il suo aspetto autentico, altrimenti la soggettività del singolo cittadino rischia di essere effimero. Pertanto, secondo il filone liberale rappresentativa, questa forma di democrazia non esclude forme dirette di partecipazione anche se con un ruolo limitato.

La crisi delle democrazie rappresentative continua confrontandosi con la difficoltà di affrontare e rispondere adeguatamente alle istanze provenienti dalla società. Il divario tra cittadini e governanti aumenta e così la disaffezione nei confronti della vita pubblica. Il filone della democrazia deliberativa è visto come una possibile risposta a questa situazione. I comitati di cittadini, forme assembleari consultive, le indagini demoscopiche e le partnership pubblico-private nelle elaborazione ed erogazione dei servizi pubblici sono esempi a questo riguardo. Ciò che differenzia questo filone da quello partecipazionista è legato ai contenuti ed alle azioni partecipative ed alla arene politiche in cui si svolgono. In altre parole si tratta di arene di piccole dimensioni dove effettivamente le procedure deliberative possono aumentare l’influenza sugli eletti agli organi di rappresentanza dando spazio alle soluzioni elaborate in questi contesti.

Chi e come si partecipa sono rilevanti nel filone della democrazia deliberativa e si possono pure creare quelle condizioni per cui, sulla base del confronto e del dibattito, si raggiungano decisioni valide che vanno al di là delle posizioni stabilite preventivamente dalle parti coinvolte così come accade normalmente nei processi decisionali delle democrazie rappresentative.

Pertanto, una serie di funzioni può essere attribuita a meccanismi di democrazia deliberativa: una funzione legittimante (raggiungere un consenso più ampio); una funzione strumentale (elaborazione di soluzioni migliori); una funzione educativa; una funzione espressiva (accrescere la responsabilità dei partecipanti) (Raniolo, 2007).

A queste potenzialità degli strumenti deliberativi si contrappongono alcune criticità. La rappresentanza eccessiva di alcuni gruppi coinvolti nei processi decisionali, le possibilità di manipolazione delle informazioni e il fatto che i rappresentanti di interessi particolare possano fissare l’agenda politica sono fenomeni che non possono essere esclusi influenzando negativamente le procedure democratiche.

L’evoluzione delle forme partecipative

Si è detto in precedenza che la partecipazione riguarda sia il coinvolgimento in un processo decisionale, per esempio, sia l’appartenenza ad un organismo, gruppo o comunità in cui si sperimenta un senso di solidarietà. Questi due aspetti, strettamente connessi, ci portano ad esaminare le dinamiche principali che caratterizzano l’evoluzione della partecipazione.

Iniziamo interrogandoci su cosa voglia dire essere cittadini. Si raggiunge un senso di appartenenza per il fatto di abitare un determinato territorio in cui si condivide una cultura ed un sistema istituzionale che lo promuove. L’affermarsi dello stato nazione è stato il risultato finale di questo processo. Tuttavia, negli ultimi decenni le cose sono cambiate. Gli stati nazionali ed i loro apparati sono stati costretti a delegare parte della loro sovranità sia a livello locale che sovranazionale. Sono troppo grandi o troppo piccoli per gestire alcuni problemi. I processi decisionali si stanno spostando verso i governi locali, da un lato, e verso governi sovranazionali dall’altro. Ciò richiede una partecipazione multilivello che mette in discussione i modi tradizionali di partecipare. A livello locale, la partecipazione tende ad essere legata alle politiche pubbliche. A livello sovranazionale, è più difficile introdurre forme di partecipazione. Tuttavia, la protezione dei diritti umani è considerato un esempio a questo riguardo portando alle cosiddette democrazie cosmopolite (Held, 1996). Ma si tratta di forme che si allontanano dalle forme convenzionali di appartenenza. Dahrendorf (2001), a questo proposito, afferma che, al di fuori degli stati nazionali, non sia possibile raggiungere un senso di appartenenza a causa della presenza di diversi gruppi etnici e della mancanza di lingua, religione, costumi e stili di vita comuni. Che tipo di solidarietà è possibile in questo tipo di situazioni? L’Unione Europea e principalmente gli Stati Uniti e il Canada, ma anche l’impero austro-ungarico nel passato, hanno sperimentato o sperimentano la coesistenza di più identità. In questi contesti, inevitabilmente, solo le forme della cosiddetta partecipazione debole sono pensabili. Se pensiamo, però, che gli Stati nazionali hanno mutuato quanto realizzato nelle città greche più di 2000 anni fa, ulteriori forme di partecipazione si possono escogitare per il livello sovranazionale.

Concentrandoci sui rischi che incontra la partecipazione, tre sembrano i problemi principali: la mancanza di interesse della vita pubblica, il senso di inefficacia e la manipolazione. Il ruolo delle reti sociali tradizionali si sta riducendo a vantaggio dei social network. In questo modo, i cittadini si trovano in una situazione in cui il coinvolgimento avviene da remoto venendo a mancare la sfera emotiva ed affettiva della partecipazione tradizionale. Ciò potrebbe avere conseguenze nel fatto che entrano nell’agenda politica solo le posizioni che fanno riferimento a cittadini più attivi, con conseguente riduzione della capacità di risposta alle istanze presenti. Ci sarà così la tendenza a concentrarsi su particolari interessi di gruppo e di movimento.

La manipolazione del consenso è considerato l’elemento più sottile e importante che influenza la partecipazione negativamente. In questo caso, i cittadini sono effettivamente coinvolti. Tuttavia, la partecipazione manca di spontaneità e volontarietà. I problemi vengono imposti dai governanti piuttosto che proposti dai cittadini. Alla base di questo fenomeno ci sono due fattori principali: le caratteristiche dei mass media e dei partiti politici. Con la crisi dei partiti di massa, i leader politici stabiliscono un legame più diretto con i cittadini sulla base di programmi specifici correndo il rischio di creare situazioni che si rivolgono al populismo e al consenso unanime. Per quanto riguarda i media, è noto che le élite usano questi strumenti per influenzare i cittadini. I cittadini sono esposti al rischio di trasformarsi in semplici spettatori della scena politica allo stesso modo dei consumatori passivi e quindi incapaci di essere responsabili delle loro attività.

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