Tutti d’accordo che si debba ripartire. Ma pensiamo anche alle condizione di chi lavora.
I Copernicani ne parlano online con Marco Bentivogli nell’ambito del ciclo Dialoghi Copernicani, martedì 14 aprile ore 18:00.
Non capiamo più se lavoriamo da casa o abitiamo in ufficio
Il nostro modo di concepire la quotidianità è completamente cambiato post pandemia. Le limitazioni imposte per fronteggiare la diffusione del virus hanno innescato un processo di revisione dei modelli manageriali che fino a poco tempo fa afferivano alla categoria della fantascienza.
Il lavoro ha completamente invaso le nostre vite rivisitando alcuni parametri fondamentali. È emersa la domanda crescente di soft skills che a differenza delle hard skills, competenze verticali, ripetibili e automatizzabili, hanno a che fare con la capacità di relazione, comunicativa ed empatica di un lavoratore con una visione avanguardista. Lo smartworking ha erroneamente eliminato la linea di suddivisione tra vita privata e personale, una nuova concezione “always on” specialmente diffusa trai i giovani.
Anche la leadership sta avendo delle trasformazioni, si passa dal micromanagement alla condivisione delle informazioni. Infine è cambiato tutto l’ecosistema per la ricerca del lavoro, “oggi la formazione permanente è l’unica garanzia di occupabilità nel lungo periodo” sostiene Silvia Zanella, infatti è fondamentale governare la tecnologia in modo etico per un match (tra domande e offerta di lavoro) più efficace ed efficiente.
L’enorme trasformazione che il digitale porterà nel mondo del lavoro obbliga a porre al centro il vero valore del lavoratore in quanto persona capace di compiere azioni non gestibili dalle macchine. “Lo smartworking è qui per restare” afferma Marco Bentivogli, i processi di innovazione devono essere anche processi di partecipazione, coinvolgendo le persone. Il digitale può essere sfruttato anche dalle piccole imprese per rimettersi in gioco, non solo dai lavoratori.
Secondo svariate ricerca nel mondo lavorativo, l’innovazione deve essere un approccio integrato, deve riguardare sia l’azienda, sia i dipendenti altrimenti i risultati non saranno mai quelli sperati.
I due pilastri del lavoro, il tempo e lo spazio, da sempre rigidi, adesso iniziano a sgretolarsi con l’avvento del digitale e dello smartworking.
Da sempre il lavoro è identificato più dal luogo che dall’attività, con il cambiamento a lavoro agile si sono intrecciati bene le esigenze sociali e famigliari. Siamo un paese con un enorme problema demografico, con una natalità del 1860 in cui raddoppiano gli ultra ottantenni.
Il pendolarismo non è più sostenibile dal punto di vista umano nonché economico e continuare a pensare che un lavoratore possa “sprecare” diverse ore della sua giornata per recarsi in ufficio è anacronistico. Specialmente i quei lavori impiegatizi e ripetitivi, il digitale ha avuto l’effetto più disruptive modificando il punto di vista e dando una visione più profonda dell’attività lavorativa.
Un altro aspetto di cui pochissimi parlano, è quello ambientale, infatti più della metà dell’energia è consumata per la climatizzazione degli immobili e il lavoro agile permetterebbe una razionalizzazione dei costi e dell’energia.
Lavorare sullo spazio è molto più importante che lavorare sul tempo perché uno spazio di lavoro nuovo libera nuove idee mentre il tempo, quindi gli orari, sono solo dei modelli arcaici di gestione del personale. Ripensare gli spazi aziendali per le giornate di rientro in ufficio, gli spazi aziendali devono essere forieri di ricostruzione della socialità, affiatare la capacità di lavorare in team e di coordinarsi.
Nello smartworking il lavoro di gruppo è molto importante per la condivisione degli obiettivi e delle strategie ma un buon team ha necessità di costruirsi con le relazioni umani e di contatto, tipiche del lavoro in presenza.
Per cui la formula ibrida senza alcun dubbio è la soluzione ideale sia per gli imprenditori sia per i lavoratori dipendenti. Il digitale deve per forza comportare un cambio di mentalità. Le strutture aziendali basate sul paradigma del controllo non funzionano, il controllo soffoca e non aiuta il benessere psicofisico delle persone.
Il lavoro deve vertere verso l’ingaggio cognitivo, un lavoratore deve sentire l’appartenenza a un progetto umano in cui riconoscersi.
È possibile delineare quattro caratteristiche dello smartworking: responsabilità, autonomia, libertà e fiducia, quest’ultima va di pari paso alla delega. Si è sempre pensato che la managerialità fosse un’espressione di un’autorità formale, oggi sta cambiando la relazione con il responsabile, specialmente i giovani hanno necessità di trovare un senso nel mondo e spesso questo lo si ottiene dando loro un approccio collaborativo per far circolare le idee, principio alla base di qualsiasi innovazione aziendale. Un leader non accetta più un consiglio da un suo collaboratore perché magnanimo ma in quanto crede che possa essere un contributo distintivo.
Ormai è noto che la produttività in smartworking aumenta anzi il controllo la limita fortemente. È necessario far coesistere i tempi dell’efficienza, normalmente veloci, con i tempi della cura della persona, normalmente lenti. Intrecciando questi due tempi si liberano energie, si ottiene un’identità più forte.
La sintesi di questo incontro è stata redatta da Roberto Strignano
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