La presidente della nostra associazione intervistata da Federica Meta di CorCom, spiega il senso del primo International Forum on Digital Democracy: “Un’occasione di confronto tra esperti e decisori politici sull’impatto che le tecnologie hanno sulle istituzioni e sulla rappresentanza”
L’avvento del digitale non ha un impatto disruptive solo sull’economia e sulle relazioni sociali ma anche sulla democrazia, sui sistemi elettorali e sulle rappresentanze politiche.
Di come conciliare la trasformazione digitale con i principi della democrazia rappresentativa se ne parlerà al primo International Forum on Digital and Democracy, in programma il 10 dicembre 2020. La partecipazione online è aperta gratuitamente a tutti.
L’evento è organizzato dall’associazione Copernicani, Re-Imagine Europa (Rie), Fondazione Giorgio Cini e Università Ca’ Foscari, con il patrocinio della Commissione europea, dell’Unesco e della Sustainable Development Solutions Network dell’Onu.
Da dove arriva la spinta ad organizzare questo evento?
L’idea del Forum nasce da una riflessione di Jeffrey Sachs che s’interrogava su come fosse possibile che il governo di due democrazie – Usa e Uk – fosse finito nelle mani di politici così divisivi. Una delle possibili spiegazioni stava nell’escalation di polarizzazione e radicalizzazione, partita con lo scandalo Cambridge Analytica e facilitata dalla cassa di risonanza dei social media. Come Copernicani abbiamo dunque iniziato a chiederci come e quanto il digitale impatta sui processi della democrazia. Confrontandoci con l’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, è nata l’idea di questo evento che ha lo scopo di promuovere idee e ragionare sulle opportunità ma anche sui rischi della politica ai tempi del digitale. L’evento si è rapidamente trasformato in un appuntamento internazionale perché la trasformazione travalica i confini nazionali.
Chi ha aderito al progetto?
Hanno aderito il think tank Re-Imagine Europa, l’università Ca’ Foscari e la Fondazione Cini, promotori assieme ai Copernicani del Forum patrocinato dall’UE, UNESCO e SDSN.
L’evento non è né un convegno scientifico né un workshop politico. Come lo definirebbe?
Una sorta di “ponte” tra il mondo accademico e quello della politica. La immaginiamo come un’occasione di confronto tra gli studiosi di intelligenza artificiale e i decisori politici su proposte e case study di funzionamento dei sistemi democratici assistiti da computer, anche per aprire una riflessione su inedite possibilità di governance democratica. Abbiamo lanciato una Call for paper accolta da una quarantina di ricercatori di vari Paesi. I contributi scientifici si intrecciano con gli interventi di alti esponenti della Commissione Ue e ministri in carica.
Per ovvie ragioni, legate all’emergenza sanitaria, l’evento si terrà online. Avete dovuto modificare molto il programma?
Lo abbiamo sfoltito per riuscire a contenere il Forum in due sessioni pomeridiane e anche per rispettare i fusi orari. Abbiamo cercato delle soluzioni tecniche che permettessero comunque un l’interazione tra pubblico e speaker per evitare che diventasse un evento top down.
Non ci sono sponsor aziendali. Perché questa scelta?
Per essere svincolati da qualsiasi pressione. Abbiamo deciso di contare sulle forze economiche dell’associazione, di fare affidamento sul lavoro volontario di alcuni Copernicani. Inoltre, per chi come noi sempre schierati a favore dell’open source, ci teniamo a non essere considerati i “proprietari” del Forum, ma piuttosto dei catalizzatori per attivare fasce di pubblico sensibile a questi temi e creare un luogo di riferimento per questi temi.
Un auspicio per la prossima edizione?
Il Forum avrà cadenza biennale e speriamo che diventi nel tempo una specie Davos sui temi della tech democracy.
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