Lunedì 11 maggio ore 21:00 abbiamo incontrato on line su piattaforma Zoom Tito Boeri, economista e accademico che ci ha parlato della crisi globale da Covid-19 e le sue ripercussioni sul commercio internazionale e sulle catene globali di approvvigionamento.
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Il virus non è una livella economica
Per capire come il mondo globalizzato stia reagendo alla pandemia, ci siamo affidati a Tito Boeri, economista e accademico, con alle spalle diversi incarichi istituzionali.
Quello che sta succedendo negli ultimi mesi, è il livellamento tra due curve; la prima è quella dei contagi e dei malati gravi, mentre la seconda è quella economica e dei posti di lavoro. L’Italia ha da sempre avuto un sistema nazionale sanitario qualitativamente buono con una spesa pro capite più bassa rispetto ad altri paesi nell’Unione Europea però quello che ci caratterizza, è sempre stata la capienza ospedaliera portata al limite anche non in periodo pandemico.
Le misure draconiane prese durante il lockdown avevano proprio l’obiettivo di mantenere questi vincoli capacitivi, per non soffocare i pronto soccorso.
Il contenimento del contagio ha provocato ingenti danni a livello economico, si stima che nel nostro paese nella prima settimana di chiusura, il 50% delle persone non ha lavorato, in attesa che le attività lavorative si potessero riorganizzare in modalità smartworking, laddove possibile. In un’economia a componente prevalentemente manufatturiera, con un lavoro non estremamente qualificato e con delle competenze digitali basse, gli sforzi necessari per garantire uno sviluppo di un lavoro a distanza sono stati molto importanti e difficili da attuare.
Gli effetti distributivi della pandemia non sono stati uguali per tutti i settori e per tutte le età dei lavoratori, le persone più colpite economicamente sono state quelle, purtroppo, con già un basso livello di reddito, basse competenze e che eseguivano attività lavorative manuali e ripetitive.
La grande atipicità di questa pandemia è stata quella di creare uno shock economico con un impatto immediato nel mercato del lavoro, normalmente il mercato ha un ritardo di reazione quando si verifica una recessione, il lockdown ha cambiato questo schema. Dall’altro canto, le persone che hanno potuto continuare a lavorare, per lo più in regime di lavoro agile, sono state impossibilitati nel sostenere l’economia con la propria domanda.
Questo concetto prende il nome di moltiplicatore keynesiano, Il significato economico del moltiplicatore è che qualsiasi incremento nella componente autonoma dei consumi o negli investimenti, genera un incremento nel reddito nazionale cinque volte superiore all’iniziale incremento.
La domanda aggregata addizionale, infatti, provoca effetti a cascata nei redditi di più individui. Secondo l’impostazione keynesiana l’eventuale presenza di disoccupazione dipende da insufficienza della domanda.
Con intere attività chiuse, le persone non hanno speso quindi c’è stato un risparmio forzato che ha messo in ginocchio l’economia, situazione ridotta solo grazie agli stimoli espansivi adottati dal governo (ristori).
Nell’immediato non avremo una ripresa immediata, il rebound difficilmente potrà avvenire perché c’è una paura diffusa nelle persone e i volumi di attività non ritorneranno quelli pre pandemia molto facilmente.
Questa recessione ci ha permesso di riflettere sullo smartworking e sono stati definiti dei lavori cosiddetti sicuri e altri no. I primi possono essere svolti totalmente da casa o prevedono una mobilità e contatti sporadici, i secondi no.
Una mobilità del lavoro dettata dal cambiamento nel profilo dell’offerta poiché andremo inevitabilmente in un’economia in cui c’è un peso maggiore del comparto sanitario, livello di digitalizzazione e automazione più elevato.
Per tali motivi, l’accelerazione del processo tecnologico è inevitabile, con un necessario riposizionamento dei lavoratori in questi settori. Il lavoro poco qualificato rimarrà essenziale nella nuova economia post pandemica ma probabilmente sarà attribuito a quelle persone che non avranno le forze di seguire percorsi formativi per sviluppare le nuove competenze richieste.
Altro problema che si presenterà, è la gestione del deficit e quindi il debito pubblico. Essenzialmente sono 2 i protagonisti che da un lato accresceranno il nostro debito ma dall’altra parte potranno essere la svolta per impostare un percorso di crescita e di investimenti nel nostro paese.
Parliamo del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) più orientato per spese di carattere sanitario e il Recovery plan che rappresenta investimenti in specifici settori chiave in un paese moderno.
Si dovranno usare meglio i soldi, senza interventi a pioggia poco efficaci.
Aiutare davvero chi ne ha bisogno per colmare la forte disuguaglianza creata. Tutte queste condizioni hanno colpito anche la circolazione dei beni tra paesi (es. le mascherine chirurgiche) e il rischio che si possa tornare a una situazione del genere non è bassa.
Questo rallentamento pregiudica il processo di globalizzazione in cui ogni paese cercherà di pensare al proprio torna conto per risollevarsi al meglio dalla crisi.
La sintesi di questo incontro è stata redatta da Roberto Strignano
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