Dal fisico al virtuale: la partecipazione cambia faccia e natura
Tanto è più limitato e coeso un perimetro di interessi tanto è maggiore l’impatto che il gruppo che li supporta riesce ad avere nell’arena politica; per fare un esempio, un sindacato ha un impatto maggiore di un partito nazional-popolare perché il confine delle proposte racchiude un’area più piccola, più coesa, con valori condivisi più simili, conseguendo in un impatto più forte nel dibattito pubblico. L’organizzazione delle comunità, esplicato nei circoli, negli oratori e nelle sezioni novecentesche, è stata inesorabilmente sostituita dai raggruppamenti virtuali dei social media: gruppi, meetup, pagine, microblogging, follower sono parte integrante dell’attuale lessico politico. Il virtuale, oggi, raccoglie interessi più o meno coerenti, organizza la comunicazione, talvolta gli eventi, sviluppa dibattiti e strutture gerarchiche interne più o meno liquide. La partecipazione, se prima era una dinamica fisica di accettazione, comunità e messa in gioco dell’individuo all’interno del gruppo, è stata sostituita da una dinamica virtuale di accreditamento e gerarchia liquida generata dal numero di post, dalla popolarità degli stessi e dall’engagement che questi stessi generano.
In una pagina del social network tipico (Facebook) esiste una gerarchia istituzionale generata dagli amministratori che hanno il potere di dare più o meno importanza ai post, o sponsorizzare altri post se dedicati al pubblico esterno alla pagina/gruppo. Tutti gli altri post sono ordinati e visualizzati sulla base delle relazioni dei singoli utenti con l’utente che ha postato, sul grado di engagement dell’utente stesso e sull’engagement generato dal post singolo.
Dinamiche di un dibattito virtuale
In questo modo nel dibattito che si svolge sui social network:
- È visualizzato maggiormente il post di un utente con grado di engagement maggiore piuttosto che un post più o meno coerente con il dibattito della comunità virtuale
- Crea più engagement un post più immediato e di facile digestione piuttosto che un post di lunga comprensione
- Le comunità virtuali tendono a ridurre il dibattito su ciò che crea engagement maggiore, incrementando il livello di autoreferenzialità e reductio a concetti per lo più semplici e immediati.
In breve: le comunità virtuali tendono a chiudere il dibattito su sé stesse.
Uniamo i due concetti: la “regola dei piccoli gruppi” e la partecipazione politica in una comunità virtuale.
Abbiamo sottolineato come gruppi più coesi possano avere impatto politico maggiore di gruppi di interessi multipli. Abbiamo inoltre individuato una delle criticità delle comunità virtuale: il dibattito è chiuso e stantio tra persone simili ed eventuali post discostati dalla media dei pensieri potrebbero non riuscire a emergere. A questo si contrappongono due aspetti di interesse fondamentale che possiamo estrapolare dalla nostra riflessione:
- Primo, è più facile individuare interessi coesi, fino alla creazione di gruppi a comun-denominatore molto preciso (esempio: Gruppo per la riforma IRAP)
- Secondo, il virtuale permette un investimento più organizzato di tempo in più di un gruppo ad alta coesione (esempio: si può far parte del gruppo per la riforma IRAP e per la riforma del liceo classico senza perdere il tempo necessario a cercare e accreditarsi presso nuovi gruppi)
E’ possibile una partecipazione libera, non superficiale, continuativa in un ambiente Social?
Raccogliendo questi due aspetti, si può definire la partecipazione all’interno di un gruppo più o meno ampio di riflessione politica come la possibilità di inserirsi in verticalità di dibattito, senza perdere la coerenza di un unico gruppo. Ossia, è possibile tenere le fila di un partito nazional-popolare (che punta quindi ad avere una percentuale elevata e una posizione di primaria importanza all’interno del governo) verticalizzando in comunità minori il dibattito, così come è possibile – in senso contrario – distruggere i macro-contenitori per fare del dibattito un momento di partecipazione a vari gruppi (in questo caso si perderebbero la coerenza e la sintesi). La partecipazione non è però scontata. Il punto fondamentale di una comunità virtuale non è come strutturarla (a parte le regole di discussione e le problematiche legate alla reale esistenza e identità della persona presente dall’altra parte della rete), ma come far sì che ogni punto della rete partecipi con le stesse possibilità di emergere e con gli stessi incentivi che si hanno nel momento di ingresso nel gruppo.
Immaginare un sistema di partecipazione comunitaria basato sul solo ideale non è fattibile: le comunità fisiche ad oggi esistenti (circoli politici) raccolgono solo chi, per interesse o forte incentivo personale, investe il proprio tempo nella partecipazione politica in luogo di altre attività. Il virtuale, d’altro canto, permette di diminuire il “costo” dell’investimento, ma rischia di rimanere una partecipazione di superficie: immaginare quindi meccanismi e sistemi nuovi perché ogni punto della rete senta la costante volontà di partecipare con i mezzi e le ore a disposizione è d’obbligo, ossia che gli incentivi interiori dei partecipanti (interesse, etica, obiettivi) siano stimolati da incentivi esterni (influenza, accreditamento, crescita). La comunità virtuale, quindi, non pone tanto problemi e criticità nella sua messa in piedi, quanto nell’incentivo a una partecipazione libera, costante e non superficiale.
[Temi legati per possibile approfondimento:– Chi sta nella mia rete è reale o fake? – Partecipazione volontaria: perché la gamification può cambiare la politica]
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