In una e-democracy la sovranità è connessa alla proprietà dei mezzi di partecipazione Oggi questi mezzi sono in genere gestiti violando palesemente tutti i principi democratici di uguaglianza, trasparenza, libertà, privacy.
In una e-democracy la sovranità è connessa alla proprietà dei mezzi di partecipazione
Istituzioni e cittadini: verso nuove forme di interazione
Nei paesi industrializzati, negli ultimi anni, si è acceso il dibattito sulla necessità di aumentare le occasioni o di mantenere un rapporto costante e più diretto, di confronto, di collaborazione e/o di co-creazione di servizi, fra le istituzioni pubbliche ed i cittadini. Nelle democrazie moderne, l’implementazione o il rafforzamento delle forme di co-partecipazione e/o co-decisione sono viste come elementi distintivi per l’ammodernamento della politica, delle istituzioni pubbliche (amministrazione) e più in generale come strumenti abilitanti per rafforzare l’inclusione sociale e generazionale. Sin dal 2004, anche in Italia, si è cercato di incrementare l’utilizzo di alcune piattaforme ICT per sviluppare la partecipazione diretta dei cittadini nel processo decisionale politico e amministrativo. In particolare, Internet è diventato uno dei canali più utilizzati dai cittadini per esprimere le loro preoccupazioni e partecipare alla formazione dei loro governi locali e nazionali. In un certo senso, Internet è diventato un elemento fondante nel processo democratico. Blog, forum della comunità e post sui social media riportano opinioni su tutti gli aspetti della vita pubblica e politica.
In particolare, gli strumenti ICT sono stati e sono utilizzati dalle amministrazioni pubbliche, ma soprattutto dai politici per riavvicinare i giovani (18-34 anni), ma anche i meno giovani (35-55 anni), alla vita politica, poiché come ben evidenziato nel volume “La condizione giovanile in Italia” (Rapporto Giovani 2018, sito Osservatorio Giovani), “oltre il 40 percento degli intervistati (18-36 anni) ha bocciato tutte le forze politiche esistenti, evidenziando una disaffezione verso tutta l’offerta politica”. Partendo da questi dati, il processo di “educazione” e partecipazione non è affatto semplice, infatti come ben sottolineato da Macintosh et al. (2003) i giovani, ma non solo, sono molto spesso a loro agio nell’utilizzo della tecnologia per dare reazioni d’impulso, ad esempio nelle chat room, nei forum di discussione e sulle piattaforme social media. Però sono abituati ad utilizzare questi strumenti per questioni più leggere e frivole, piuttosto che sostenere un dibattito continuativo su temi molto specifici e complessi.
Un altro punto saliente sta nel riuscire a ridurre il gap intergenerazionale sull’utilizzo delle tecnologie (digital divide). Un’altra osservazione importante è sul come e quando utilizzare le piattaforme di e-democracy, poiché può essere utile nell’ascolto delle opinioni, un po’ meno nel processo decisionale per questioni delicate e complesse che necessitano di interlocutori esperti (es. vaccini, sicurezza, politiche economiche, welfare, etc.). Questo può essere riassunto nel dilemma della legitimacy (Habermas, 1996; Knox, 2016) poiché bisogna separare la legittimazione politica da quella burocratico-amministrativa. Gli amministratori sono degli attori ibridi, che svolgono un ruolo di interfaccia tra il cittadino ed il mondo della politica. Nello specifico, si muovono tra il “lifeworld” ed il “systems world”, non sono limitati dalla razionalità strumentale e utilizzano spesso la razionalità comunicativa quando lavorano con il pubblico (Knox, 2016; p. 480). L’interazione tra questi due mondi, favorisce il processo di legittimazione, però porta anche a scelte sbagliate (sia dal punto di vista tecnico che morale) o sub-ottimali, in cui le informazioni distorte nel “lifeworld” rendono più difficile per il pubblico cogliere la piena realtà di un problema sociale e/o della società.
Per di più, non esiste un’unica piattaforma l’e-democracy, bensì, come ben sottolineato da Chadwick (2003) esistono quattro diversi utilizzi:
- strumenti per la consultazione consultazioni online che integrano i gruppi della società civile,
- applicazioni per la democratizzazione interna del settore pubblico stesso,
- dispositivi per il coinvolgimento degli utenti nella progettazione e nella fornitura di servizi pubblici (es. e-governance) e
- la diffusione della collaborazione open-source nelle organizzazioni pubbliche.
Piattaforme di e-governance
Tra tutti, le piattaforme di e-governance sono tra le soluzioni tecnologiche maggiormente utilizzate per far interagire/partecipare tutti gli stakeholder nelle decisioni/progetti a livello locale (Cano et al., 2014). Dall’analisi di 468 città europee, in cui esistono elementi assimilabili alle Smart city, si assiste allo sviluppo di sistemi di “e-partecipation”, i cui elementi principali sono:
- la scalabilità della piattaforma,
- la gestione simultanea dei diversi progetti,
- gli open data per la condivisione delle principali informazioni, e
- l’accesso personalizzato alla piattaforma a seconda della tipologia di stakeholder.
Gli strumenti di e-governance possono essere a loro volta suddivisi in
- e-information,
- e-consultation, e
- e-decision-makers.
Solitamente, le amministrazioni pubbliche locali, ma anche quelle centrali, favoriscono lo sviluppo dell’e-information per capire quali sono i trend principali, le paure o le necessità dei cittadini, ed a livello locale dell’e-consultation, per definire i progetti maggiormente rilevanti e/o per raccogliere informazioni specifiche e suggerimenti sulle proposte che impatteranno sulla comunità. Un tipico esempio di e-partecipation assimilabile alle prime due categorie (e-information ed e-consultation) è quello proposto da Matteo Renzi nella chat bot sulla pagina Facebook.
E proprio qui nasce il primo interrogativo i social media favoriscono o limitano la democrazia?
I social media favoriscono o limitano la democrazia?
Domanda difficilissima poiché se è vero che tutti possono interagire favorendo la dialettica, il rovescio della medaglia sono: le fake-news, persone ignoranti che esprimono pareri tecnici su temi complessi e politici sui social, che a volte mescolano e confondono gli aspetti pubblici/istituzionali con quelli privati/emozionali, per ottenere consenso ed aumentare la loro legittimazione. Il prof. Sunstein dell’Harvard Law School, ha sottolineato bene questo problema attraverso un semplice esempio: “Are automobiles good for transportation? Absolutely, but in the United States alone, over 35,000 people died in crashes in 2016”. Quindi non bisogna assolutamente dimenticarsi che lo “strumento” in questo caso i social media, sono neutri, non sono né buoni ne cattivi, il tutto dipende da come si usano…
Piattaforme di decision making
Diversamente, gli strumenti di e-decision-makers, sono stati utilizzati poco, perché nella maggior parte dei progetti, anche con gli enti locali, hanno portato diversi inconvenienti, quali il raggiungimento di soluzioni fallimentari, l’innalzamento dei costi o la non accettazione dell’opera/progetto da parte della comunità. Alcuni esempi e problemi, nell’utilizzo dell’e-decision-makers, si sono avuti in Olanda, Germania, Svizzera e Stati Uniti. In Italia esiste un esempio di “tool di decision making non vincolante”, quello utilizzato dalla piattaforma Rousseau del Movimento 5 Stelle.
Analizzando la suddetta piattaforma, sorgono altri interrogativi quali: perché i membri non in linea con le idee proposte vengono espulsi? Perché il garante della privacy sta valutando la piattaforma? Perché il processo di gestione dei progetti è solo top-down? Come vengono verificati i voti? I voti possono essere manipolati?
Se nel primo quesito proposto la domanda era ardua, qui è proprio impossibile… Anzi riflettendo si può arrivare ad un’altra apicale domanda che ci può portare ad avere un indizio. Di chi è la “proprietà del mezzo” di partecipazione? La proprietà è riconducibile alla società Casaleggio Associati ed altri tre soci privati, quindi tre persone fisiche ed una persona giuridica, gestiscono e controllano la piattaforma di e-democracy che per definizione dovrebbe essere considerato un “bene comune” (in anglosassone commons) utile per tutti gli stakeholder coinvolti, ma più in generale per l’intera comunità. Ma siamo proprio convinti che 4 attori possano garantire l’interesse di migliaia, se non milioni di cittadini?
La nostra risposta è no, poiché la piattaforma dovrebbe essere considerata un “commons” e di conseguenza la proprietà dei mezzi di partecipazione dovrebbe essere posta a livello istituzionale per garantire l’imparzialità o a livello privato in cui però tutte le informazioni dovrebbero essere condivise tra tutte le parti per garantire la trasparenza e lo sviluppo del concetto di commons (risorse comuni e del valore pubblico). Nello specifico la piattaforma dovrebbe fornire “risorse” a una comunità rendendo possibile un beneficio comune, riducendo/eliminando lo sfruttamento eccessivo e/o della mancanza di un impegno condiviso da parte di chi ne fa uso
Bibliografia
- Cano, J., Hernandez, R., & Ros, S. (2014). Distributed framework for electronic democracy in smart cities. Computer, 47(10), 65-71.
- Habermas, J. (1996). Between facts and norms: Contributions to a discourse theory of law and democracy. Cambridge, MA: The MIT Press.
- Knox, C. C. (2016). Public Administrators’ Use of Social Media Platforms: Overcoming the Legitimacy Dilemma?. Administration & Society, 48(4), 477-496.
- Macintosh, A., Robson, E., Smith, E., & Whyte, A. (2003). Electronic democracy and young people. Social science computer review, 21(1), 43-54.
- Osservatorio Giovani (2018). http://www.rapportogiovani.it/i-giovani-e-la-politica/
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