Le ragioni del nostro impegno

I lobbisti devono il nome alla loro presenza assidua nelle anticamere (in inglese lobby) delle aule parlamentari, in attesa di incontrare deputati e senatori per esporre le loro tesi. Grazie al fatto che in Italia non c’è una legge che regolamenti la trasparenza dell’attività di lobby, il termine spesso evoca oscure manovre di palazzo. Ma oltre alle aziende ed alle loro organizzazioni di categoria, anche associazioni di volontari ed attivisti per i diritti civili svolgono attività di lobby. Noi Copernicani vogliamo proporre una visione positiva del futuro, coerente con il nostro Manifesto, Vogliamo fare lobby positiva, pro futuro, slegati da partiti ed aziende, perchè è possibile e desiderabile.

Il potere logora chi non ce l’ha

Giulio Andreotti

In un sistema elettivo contano i voti per essere eletti e rieletti.

Questo può portare, e spesso porta, ad alcuni effetti collaterali come

  • il qualunquismo – ovvero la ricerca di facile consenso appellandosi al minimo comune denominatore come abbiamo avuto evidenza dalle promesse elettorali delle passate elezioni politiche,

  • la concentrazione nella ricerca di fondi per sostenere le campagne elettorali – come avviene negli USA dove questa è spesso l’attività prevalente dei membri del Congresso che si espongono così ad una cattura da parte dei finanziatori,

  • la concentrazione nella tessitura di reti di sostegno con cordate contrapposte che si scambiano favori e sostegni nella conquista di posizioni – come nella politica delle correnti nostrane.

L’amministrazione del potere diventa così, nella peggiore delle ipotesi, un fine a se stesso, e nella migliore delle ipotesi un prerequisito per politiche di merito, che diventano una finalità secondaria, generalmente residuale.

La pulsione a contribuire per il bene comune, che fa muovere i primi passi nella politica, diviene un obiettivo secondario rispetto al perseguimento del potere.

Si determina così un leaderismo, ovvero la strutturazione del potere in cordate a sostegno di questo o quel leader ed il dibattito politico si concentra sul chi, piuttosto che sul cosa, generando instabilità nella concorrenza per il potere.

Il rapporto tra le persone prevale sul merito, valori primari divengono la fiducia e l’affidabilità anziché la competenza ed il merito.

I gregari assumono un ruolo fondamentale e raramente le competenze emergono; accade solo se selezionate dal leader tra i pochi fedelissimi, mentre le persone si logorano nella ricerca del potere.

La democrazia è il peggior sistema, a parte gli altri

Winston Churcill

La digitalizzazione divide il mondo in due grandi categorie: coloro che abitano la dimensione digitale e coloro che ne sono esclusi. Le strutture politiche pre-digitali si sono sempre basate su organizzazioni territoriali che svolgevano, oltre ad una funzione di presidio geografico, una funzione di filtro e selezitone della propria classe dirigente ed una funzione di cinghia di trasmissione di riflessioni e feedback nella formazione dell’offerta politica. I partiti disponevano così di un complesso ed articolato sistema di pensiero, di elaborazione di politiche e di loro condivisione e promozione sul territorio. Con l’avvento dei mass media prima e soprattutto con l’avvento di Internet poi, il valore nell’intermediazione geografica si è ridotta per una crescente massa di persone. Per i cittadini digitali, che rappresentano ormai una quota maggioritaria della popolazione, comunicare bidirezionalmente presenta un costo nullo ed avviene in tempo reale, sottraendo molto del valore delle precedenti strutture organizzative e favorendo un rapporto diretto tra leadership e base. Ciò è più coerente con il modello leaderista, avendo un fabbisogno minimo di persone. L’istantaneità della relazione tende a valorizzare la promozione di messaggi semplici rilevandone in tempo reale l’effetto sulla propria base elettorale. La profondità del ragionamento politico, il coinvolgimento di un ampio numero di persone e la relativa lentezza di costruzione del consenso viene sostituita dalla istantaneità degli slogan e da un rapporto disintermediato. A farne le spese sono le strutture di formazione del pensiero che ormai non esistono più all’interno dei partiti, che sono così divenuto sempre più dei cartelli elettorali al servizio del leader di turno e del suo ristretto entourage, esposti all’ influenza di piccoli nuclei di aziende, organizzazioni e persone ritenute affidabili e fedeli. Ne risente così la qualità e la profondità dell’elaborazione politica, l’ampiezza e profondità del team di sostegno e l’immagine di indipendenza dei leader. Questo portato dell’evoluzione tecnologica deve indurre un ripensamento dell’organizzazione dell’azione politica. Anche l’elaborazione di pensiero si può giovare della riduzione dei costi di coordinamento, dell’annullamento di tempi e distanze delle relazioni e dalla facilità di collaborazione su scala nazionale, consentendone lo sviluppo anche all’esterno dei partiti e delle organizzazioni di lobby aziendali o internazionali. Anche persone che non siano professionisti della politica possono organizzarsi per elaborare pensiero e svolgere un’azione di “good lobby”, di pungolo pro futuro, ovvero azione di definizione e promozione di politiche finalizzate al bene comune, non necessitandosi più per questa attività degli ingenti fondi di cui disponevano solo grandi aziende ed organizzazioni internazionali. I Copernicani cercano di fare ciò, perché ve ne sono le condizioni e l’opportunità.

Il futuro è già qui, solo che non è distribuito in modo uniforme.

William Gibson